Onion Games, software house giapponese fondata da Yoshiro Kimura e altre personalità dell’intrattenimento coinvolte nella lavorazione di classici del passato come Moon, Super Mario RPG, Chulip, Chibi-Robo e il recente Dandy Dungeon, si è da poco detta interessata ad un’operazione di revival dei videogiochi che, in passato, segnarono positivamente il curriculum di alcuni dei suoi attuali componenti.
In un sondaggio fin da ora disponibile sul loro sito ufficiale, e rivolto ad un pubblico sia giapponese che occidentale, è possibile notare che fra le opzioni disponibili per indicare la propria preferenza in merito ad un futuro remaster, è presente anche Rule of Rose, un videogioco per PlayStation 2 pubblicato in Italia nel 2006 e sviluppato da Punchline, team di sviluppo guidato in passato dallo stesso Kimura.
Chi non fosse stato presente all’epoca sulla scena videoludica nostrana potrebbe essersi perso una delle più grandi polemiche attribuite ad un videogioco sul suolo italico, oltretutto resa nota al pubblico generalista attraverso una copertina del mensile Panorama interamente dedicata, che recitava l’ingannevole slogan “Vince chi seppellisce viva la bambina”.
Sorvolando sul fatto che l’articolo di Panorama fosse chiaramente falso e basato sulla recensione amatoriale di Chris Darril, omonimo o forse stessa persona che oggi è conosciuta per essere l’autore della serie survival horror Remothered, in sostanza un omaggio a Rule of Rose e la serie Clock Tower… beh, parliamo un po’ del videogioco PlayStation 2 e allontaniamo il pensiero di Walter Veltroni che si scaglia contro i videogiochi violenti.
Rule of Rose era un brutto videogioco. Un Survival horror appena sufficiente, distribuito da un’etichetta italiana che all’epoca era più che altro nota per aver toccato titoli dall’estremo sapore orientale, non particolarmente meritevoli di lodi, ma comunque capaci di catalizzare l’attenzione di un sottobosco di appassionati, e ovviamente anche la mia. Il loro listino di prodotti comprendeva produzioni come Bujingai, il mediocre stylish action ispirato alle produzioni wu-xia cinesi con protagonista il cantante e idol giapponese Gackt, ma anche il gioco di ruolo coreano Magna Carta, oppure Zombi Zone, ovvero il primo titolo della serie oggi nota col nome di Onechanbara; non mancavano anche titoli che sarebbero stati poi rivalutati in futuro, come lo stranissimo Michigan: Report from Hell di un all’epoca quasi sconosciuto in Occidente SUDA 51 e Steambot Chronicles, primo capitolo della serie Action JRPG nipponica Bumpy Trot oggi tanto rimpianta dalla sua fanbase.
In tal senso Rule of Rose si collocava perfettamente nel filone di videogiochi controversi, sperimentali e assolutamente non considerati all’epoca dai più per mancanza di compagne marketing o di generale interesse da parte del grande pubblico occidentale, a ragione o meno. Questo survival horror definito da un gameplay impreciso e tutto sommato sorvolabile, tuttavia, aveva dalla sua una direzione artistica indovinata e una storia unica nel suo genere, che metteva le radici nell’immaginario della narrativa shojo degli anni 70 e riproponeva in chiave grottesca alcuni dei tropi di un genere normalmente votato alla celebrazione dei sentimenti e delle turbe delle giovani ragazze nel periodo che le vedepassare dall’adolescenza all’età adulta.
Ambientato nell’Inghilterra dei primi anni ’30, Rule of Rose è un vero e proprio viaggio negli incubi infantili in cui il filtro della fiaba si pone fra il giocatore è una favola nera, una vicenda fatta di abusi ai danni dei più deboli, di adulti trasfigurati dall’ingenuo e puro terrore del bambino abbandonato in una stanza buia. Il gioco esplora in modo molto dettagliato, ma mai banale o gratuito, la meschinità della natura infantile, ma anche l’egoismo che nasce dall’affetto, a volte malato, che si può provare per un’altra persona. Proprio per la sua unicità e per il piglio pioneristico con cui Rule of Rose riuscì all’epoca nel portare nel medium videoludico temi e ambientazioni così controverse, continuo a credere che a prescindere da una pessima realizzazione, il titolo Punchline continui ad essere una mosca bianca della produzione dell’epoca, e proprio per questo non posso fare altro che consigliarlo almeno agli addetti ai lavori e agli appassionati del medium.
Quanto riportato da Onion Games in queste ore, insomma, potrebbe rappresentare un’ottima occasione per riportare in auge un titolo che, se rimaneggiato con cura, potrebbe finalmente offrire ai giocatori un’esperienza di gioco quantomeno strumentale all’apprezzamento della parte narrativa e di costruzione dell’atmosfera. Mi rendo conto che l’occasione è tale da poter richiedere a Onion Games di ripubblicare titoli forse più meritoli di Rule of Rose, come il già citato Chulip, ma sono senz’ombra di dubbio convinto che sia questo survival horror ad avere tutte le caratteristiche ideali per beneficiare appieno da un’opera di remastering fatta come si deve, soprattutto dal lato prettamente ludico. Un gameplay maggiormente rifinito e un combat reattivo non farebbero altro che dare modo ai giocatori di riscoprire un videogioco dalle atmosfere uniche nel suo genere, e mai ricercate da altri autori, forse per evitare proprio le stesse polemiche che all’epoca investirono la distribuzione occidentale del titolo Punchline.
Insomma, volete rivedere Rule of Rose su PC e console di attuale generazione, magari rimasterizzato e corretto in quelli che erano le sue criticità riscontrate all’epoca? Ebbene, fate riferimento al sondaggio sul sito ufficiale di Onion Games e avrete sicuramente maggiori chance di rivivere la decadente avventura di Jennifer o scoprire le atmosfere di uno dei più sottovalutati giochi horror della generazione 128bit. Provare per credere.