Uscito originariamente nel 2006, Dead Rising rappresentò in un certo senso il battesimo di Capcom nell’epoca dello sviluppo di videogiochi in alta definizione. Da subito accolto calorosamente dai possessori di Xbox 360 – di cui rappresentò un’esclusiva per tantissimo tempo – la produzione giapponese riuscì a mischiare il DNA horror della serie Resident Evil ad altri elementi presi in prestito dal cinema di George A. Romero; in particolare da Zombi, film del 1978 ambientato in un centro commerciale, e che criticava la moderna società capitalistica e i suoi vizi.
Ma queste erano solo alcune delle caratteristiche della produzione Capcom che vedeva come producer l’ormai “desaparecido” Keiji Inafune; Dead Rising riuscì a rimanere nel cuore degli appassionati grazie a un gameplay estremamente indovinato, basato sì sul reperire armi improvvisate affidandosi al fascino – e alla convenienza – dell’ambientazione, ma richiedendo al contempo di scovare e portare in salvo sopravvissuti completando missioni a tempo, dove anche le ovvie mancanze – come ad esempio la celeberrima incapacità dell’intelligenza artificale dei PNG – contribuivano a creare un’esperienza survival horror dall’altissimo livello di sfida; specie quando ci si ritrovava ad avere a che fare con eventi imprevisti e scontri all’ultimo sangue contro i temibili psicopatici, individui che avevano perso completamente il senno nell’apocalisse zombi.
Il resto dell’articolo è disponibile su IGNItalia.it.